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Invecchiamento e pasticità cerebrale

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L’invecchiamento è un processo fisiologico complesso che bisogna saper distinguere dai fenomeni degenerativi innescati da patologie insorte durante la vita; per fare ciò può essere utile analizzarlo sotto diversi aspetti (cronologico, biologico, psicologico e sociale).

1.    Cronologia

Da un punto di vista temporale, la durata della vita può essere considerata in base alla:

·         Lunghezza 

·         Aspettativa 

La prima indica la durata del tempo di sopravvivenza di un membro di una specie in condizioni ideali (si ritiene che per l’uomo si tratti di 120 anni).

La seconda si riferisce alla prospettiva di vita ipotizzabile per un determinato individuo, date le sue condizioni di salute.

Entrambe le misurazioni sono ipotetiche e potrebbero mutare grazie agli effetti del progredire delle conoscenze scientifiche.

2.    Biologia

L’età biologica si stima in rapporto all’invecchiamento del corpo in relazione alla lunghezza della vita, si ritiene che tale età dipenda per il 30% dal patrimonio genetico e per il 70% dalle abitudini di vita (abitudini positive sono: una sana alimentazione, una moderata attività fisica quotidiana, una vita socialmente attiva con buon coinvolgimento emotivo, vivere in ambienti salubri sia culturalmente che emotivamente stimolanti, ma non stressanti).

Con l’età vi è un leggero deterioramento degli organi sensoriali, soprattutto occhio (presbiopia - difficoltà a vedere da vicino, riduzione della visione crepuscolare e notturna, diminuita capacità di discriminare gli oggetti in rapido movimento) e orecchio (progressiva ipoacusia per sclerosi della membrana timpanica e rigidità dell'apparato ossiculare)

Per quanto riguarda la motricità, si restringe la gamma delle attività motorie, non l'efficienza di quelle ancora possibili (gli atti della vita di tutti i giorni, in particolare quelli abituali, vengono eseguiti in modo corretto ed efficace; difficoltà si possono incontrare solo in prestazioni extra, come afferrare al volo un oggetto, attraversare velocemente la strada o correre).

I riflessi rallentano.

3.    Psicologia

Gli aspetti psicologici dell’invecchiamento sono connessi all’apprendimento, alla memoria, alla percezione, all’intelligenza, alle emozioni ed alla personalità nel suo complesso.

Le modifiche dovute all’età, in assenza di patologia, sono di tipo qualitativo:

·         Memoria:

La perdita della memoria si riferisce soprattutto alla memoria a breve termine, in particolare a quella di lavoro; tale perdita, se ci si mantiene in esercizio e motivati, può essere veramente minima, considerato che anche in età avanzata il cervello conserva la neurogenesi (la nascita di nuove cellule nervose) nell’ippocampo – coinvolto proprio in questo tipo di memoria.

·         Percezione:

L’alterazione della funzionalità degli organi di senso, in particolare l’occhio e l’orecchio, modifica in senso positivo la percezione a livello centrale (cioè nel cervello). Gli scienziati hanno infatti dimostrato che, forse per fronteggiare i deficit sensoriali, migliora il riconoscimento “globale” dei contenuti, l’ipoacusia è compensata inoltre dalla costanza percettiva (fenomeno che fa si che suoni complessi, come discorsi o melodie musicali, possano essere percepiti perfettamente se la loro presentazione rispetta schemi noti alla persona). Per quanto riguarda l’odorato si è visto che la neurogenesi, nel bulbo olfattivo (la zona del cervello preposta a questo compito), prosegue nel corso di tutta la vita.

·         Intelligenza:

Le risposte date agli stimoli variano con l’età: il dr.Horn ed il Dr. Caltell distinguono tra “intelligenza fluida”  (prevalente in gioventù) ed “intelligenza cristallizzata”, gli aggettivi usati si riferiscono ai processi di base del trattamento dell’informazione e della soluzione dei problemi.

La fluidità implica:

a.     Velocità di organizzazione

b.     Agilità mentale

c.     Ragionamento induttivo

d.     Formazione di concetti

e.     Memoria associativa, ecc.

La cristallizzazione si riferisce a:

a.     Expertise (l’insieme delle abilità acquisite che mette in condizione di rispondere, in modo efficace e quasi automatico, alle situazioni)

b.     La comprensione linguistica che fa notare sottigliezze e sfumature che possono sfuggire ad una più rapida reattività

c.     L’individuare il significato generalizzabile di situazioni particolari

d.     Il saper ricorrere in modo più consapevole alla cultura generale

e.     La saggezza, ossia la capacità di ponderare e di valutare le conseguenze, ecc.

L’anziano percepisce questo slittamento da una modalità cognitiva ad un’altra come una sorta di “rallentamento” che di fatto avviene e riguarda le funzioni esecutive (come la pianificazione ed il ragionamento o compiti che richiedono un’elaborazione parallela, ossia tenere in mente ed integrare diverse attività), tale “perdita di fluidità” è largamente compensata dall’acquisizione di modalità di efficacia solo qualitativamente diverse.  Il passaggio da una modalità di risposta all’altro inizia,  in modo estremamente graduale, intorno ai 20 anni.

Più si usa il cervello e più si sfrutta la sua plasticità, a tal fine non solo è utile imparare cose nuove ed esporsi a nuove esperienze, ma anche abituarsi, il più precocemente possibile, ad utilizzare strategie efficaci, quali concentrarsi su quello che si sta facendo o che si è interessati a ricordare, bere prima di qualsiasi sforzo di concentrazione, associare diversi stimoli sensoriali per attivare diversi canali mnemonici ed usare le molteplici mnemotecniche fino a trasformarle in un automatismo, acquisire la capacità di affrontare i problemi con diverse modalità, ecc.

·         Emozioni:

Il dr.George Vaillant, uno psichiatra dell’ospedale di Brigham, direttore dell’Harvard Study of Adult Development ed autore di “Aging Well” (invecchiare bene) che per decenni ha studiato i cambiamenti che si verificano nelle persone durante l’invecchiamento, sostiene che gli anziani “modulano” le emozioni meglio dei giovani, il  che li porta ad assumere un atteggiamento di sereno distacco perché i loro lobi frontali sono connessi meglio al sistema limbico:

Il prof. Ben-Shahar, che insegna psicologia positiva all’Harvard College, sostiene che gli anziani sono mediamente più felici dei giovani perché si concentrano sulle cose positive e tendono a dimenticare le esperienze poco importanti e negative inoltre, in occasione di eventi tristi o drammatici, sanno, per esperienza, che passeranno.

L’antropologo Helen Fisher della Rutgers University ritiene che, forse a causa di ragioni evolutive, gli anziani sono meno timorosi perché non rischiano di non trasmettere i loro geni, lo hanno già fatto, e quindi preferiscono ricavare un beneficio fisiologico da uno stato di calma e di tranquillità piuttosto che perdere l’energia in un continuo stato di allerta.

·         Personalità:

La personalità (ossia il modo abituale nel quale reagiamo) conserva i tratti manifestati durante tutto il corso della vita, le sue caratteristiche sono predittive dell’aspettativa di vita e delle malattie alle quali si va incontro.

4.    Sociale

E’ importante conservare i legami sociali ed affettivi durante tutto l’arco della propria vita. La ricerca scientifica ha confermato ciò che il buon senso già sapeva e cioè che le persone che hanno un buon rapporto con i familiari, frequentano gli amici, sono socialmente impegnati godono di una migliore qualità della vita con effetti positivi anche sulla salute.

Ora per chi vuole approfondire e rendersi conto del perché il cervello è la parte del corpo che invecchia meglio, sempre che si sia continuato ad imparare ed a fare nuove esperienze nel corso dell’intera vita, ecco un rapido riassunto delle ultime acquisizioni scientifiche su questo favoloso organo che si sviluppa per tutta la vita conservando plasticità.

La plasticità cerebrale (ossia la capacità di modificarsi strutturalmente in risposta agli stimoli) è stata dimostrata in esperimenti di laboratorio su animali sottoposti a test di apprendimento e, più recentemente, negli esseri umani grazie alle nuove tecniche di neuroimaging.

 Il cervello si sviluppa e si modifica tramite diversi meccanismi:

·         Le connessioni sinaptiche: il numero e  la grandezza delle sinapsi è direttamente proporzionale alle esperienze che si fanno (quanto più è ricco e stimolante l’ambiente tante più connessioni si formano).

·         I capillari: il numero dei sottili vasi sanguigni che connettono le vene e le arterie si incrementa in alcune aree cerebrali in risposta all’esercizio ed all’esperienza. La densità dei capillari aumenta il flusso di sangue e la disponibilità di ossigeno per i tessuti cerebrali con benefici effetti sui neuroni e sulla chimica del cervello.

·         Le cellule gliali (o di supporto): il loro numero e la loro grandezza varia in risposta all’arricchimento dell’ambiente. Tali cambiamenti, al contrario di ciò che avviene per le sinapsi, sono transitori.

·         La mielina (il rivestimento grasso che circonda gli assoni e che migliora la trasmissione nervosa):  nuovi dati evidenziano che l’apprendimento innesca il processo di mielinizzazione (ossia il rivestirsi di mielina) degli assoni, questo effetto è particolarmente accentuato nel corpo calloso (la larga fascia di assoni che unisce i due emisferi cerebrali)

·         La neurogenesi (nascita di nuovi neuroni): l’apprendimento provoca la nascita di  nuovi neuroni, in particolare nell’ippocampo.

·         I neurotrasmettitori: l’esposizione ripetuta agli stimoli o stimoli carichi emotivamente attivano un interruttore genetico che avvia la sintesi di particolari proteine  che sono il substrato chimico della memoria a lungo termine.

Tali cambiamenti avvengono nel cervello di qualsiasi età ciò che varia è la velocità in cui tali trasformazioni si manifestano.

I progressi delle neuroscienze hanno contribuito a chiarire i meccanismi su esposti ed a sfatare molti miti sull’invecchiamento cerebrale:

·         Non è vero che il cervello perde  migliaia di neuroni ogni giorno, la perdita è estremamente ridotta e riguarda solo alcune zone profonde del cervello, comprese alcune che forniscono importanti neurotrasmettitori ad altre aree cerebrali, tale perdita aumenta con l’età, in assenza di patologia, grazie alla “ridondanza” , ossia la sovradimensionalità del cervello rispetto ai nostri bisogni non ha effetti significativi.

·         Nel cervello non si creano nuove cellule cerebrali (un vero e proprio dogma per generazioni di neurologi): è stato dimostrato che alcune aree cerebrali, tra cui l’ippocampo ed il bulbo olfattorio,  regolarmente generano nuovi neuroni, molti dei quali svolgeranno una funzione attiva nei circuiti nervosi.

·         Il declino mnemonico è inevitabile con l’età, benché “invecchiare bene” implichi una componente genetica predisponente, l’esercizio e la vita attiva, l’interessarsi e sperimentare sempre nuove esperienze dimostrano che la perdita “fisiologica” della memoria è un fenomeno benigno di dimensioni irrilevanti che coinvolge principalmente, e quasi esclusivamente, la memoria di lavoro.

Le vere alterazioni del cervello legate all’età sono:

·         Una modesta diminuzione della massa cerebrale che inizia verso i 60-70 anni, più pronunciata in alcune aree (i lobi frontali – importanti per le funzioni cognitive superiori, l’ippocampo - una struttura chiave per l’immagazzinamento di nuove informazioni). L’allargamento dei ventricoli (ossia le cavità che contengono il liquido cefalo-rachidiano) contribuisce a diminuire lo spessore del cervello nel suo complesso.

·         La densità della corteccia si assottiglia. Tale fenomeno non è dovuto, come si riteneva un tempo ad una massiccia perdita di neuroni quanto piuttosto a un diradarsi delle connessioni neurali, (cioè al numero dei dendridi),  diminuzione che inizia, gradualmente, intorno ai 20 anni.

·         La materia bianca diminuisce lo spessore e la lunghezza dei rivestimenti mielinici, è probabile che il rallentamento dei riflessi e dell’elaborazione mentale sia causato da questo fenomeno, del quale non si conosce ancora bene la genesi.

·         La produzione di neurotrasmettitori si riduce con l’età e così anche il numero dei recettori di tali sostanze. La diminuita disponibilità di neurotrasmettitori come la dopamina, l’acetilcolina, la serotonina, le norepinefrina potrebbero giocare un ruolo nel declino cerebrale.

·         Fanno la loro comparsa alcune alterazioni strutturali, le placche senili ed i gomitoli neurofibrillari, che vengono ritenute espressione di fenomeni degenerativi e comunque patologici.

Non bisogna farsi suggestionare da questi dati interpretandoli come drammatici perché, da un punto di vista funzionale (in assenza di patologie) non significano nient’altro che un rallentamento delle funzioni, ciò che si perde in rapidità si acquisisce in saggezza e in “expertise”.

A cura di Giovina Ruberti   

Libri e siti

Cicerone “De senectute” Einaudi

Elkhonon Goldberg “Il paradosso della saggezza” Ed. Ponte delle Grazie

Sharon Begley “ Train your Mind change your brain “ Harper Collins (in Italia sarà nelle librerie a settembre con il titolo “La tua mente può cambiare” Rizzoli)

http://www.aging.cnr.it/

www.nia.nih.gov (National Institute on Aging)

http://www.dana.org/resources/seniors/

http://www.anti-aging.it/ (in italiano)

Bibliografia

Di Fabio A. (1998), Psicologia dell'orientamento, Giunti Editore, Firenze.

Erikson E.H. (1975), Aspetti di una nuova identità, Armando Editore, Roma.

Migliorini L. (1998), Identità e appartenza, in Bertani B., Mannetti M., Venini L., (a cura di), Psicologie dei gruppi, Franco Angeli, Milano.

 

 

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