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Cenni sui Disturbi dell'Apprendimento e il Ritardo Cognitivo

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Si inizia a parlare di ritardo mentale solo quando i problemi si presentano in forma estremamente accentuata (in precedenza si era concordi nel considerare  un QI 70 come soglia al di sotto della quale iniziava il ritardo), attualmente – su suggerimento dell’ American Association on Mental Retardation (che ha recentemente cambiato il suo nome in American Association on Intellectual and Developmental Disabilities) si definisce il ritardo mentale in riferimento ad abilità adattative in 10 aree, di cui almeno due devono essere compromesse per una diagnosi di ritardo mentale:

1.   la comunicazione,

2.   la cura di sé,

3.   la vita a casa,

4.   gli schemi sociali,

5.   l’uso della comunità,

6.   l’autodirezionalità,

7.   la salute e la sicurezza,

8.   il funzionamento scolastico,

9.   il lavoro,

10.il tempo libero.

A seconda delle aree coinvolte e del grado di compromissione il ritardo sarà più o meno profondo, generalmente sono presenti punti di forza e di debolezza e non tutte le aree sono coinvolte nel ritardo dello sviluppo.

Per quanto riguarda l’eziologia, nei disturbi di apprendimento – non accompagnati da altri problemi – è controversa l’incidenza del fattore genetico, per quanto riguarda il ritardo mentale varia da:

·     deficit di natura genetica (sindrome di Williams, sindrome di X fragile, sindrome di Prader-Willi, ecc.);

·     aberrazioni cromosomiche (sindrome di Down,ecc.);

·     cause gestazionali (malattie infettive della madre durante la gravidanza, per es. la rosolia, il citomegalovirus, ecc; agenti chimici, es. alcolismo, tossicodipendenza, intossicazione da diossina, esposizione a organofosfati, ecc.; traumi; ecc.);

·     perinatali (prematurità, anossia, itteri, ecc.);

·     post-natali (encefaliti, meningiti, traumatiche, ecc).

Gli ambienti socioculturalmente poveri e poco stimolanti, la deprivazione affettiva, gli abusi, ecc. possono sia causare che peggiorare i deficit di apprendimento ed il ritardo mentale.

E’ indispensabile sottolineare l’importanza della prevenzione che potrebbe evitare molti casi di deficit.

In presenza di qualsiasi disturbo dello sviluppo è fondamentale giungere, ad una diagnosi il più precoce e precisa possibile ed intervenire immediatamente approntando un programma ri-abilitativo-terapeutico il più completo possibile.

Bisogna intervenire su tutte le aree di sviluppo e congiuntamente agli interventi clinico-medici, quando necessari.

Per quanto attiene alla riabilitazione cognitiva si raccomanda di far ricorso al L.P.A.D. - Learning Potential Assessment Device - Metodo per la Valutazione Dinamica del Potenziale di Apprendimento o ad altre metodiche di valutazione dinamica, per es. Tzuriel, ecc. cioè a metodi che considerino le definizioni di disturbi e deficit come indicazioni piuttosto che come etichette, e l’eziologia come bussola terapeutica invece che come argine all’intervento.

Tali valutazioni si concentrano sulla capacità di interazione e quindi sono ottime nel suggerire un piano strutturato di intervento.

Bisogna essere consapevoli che minore è il grado di interesse e di autonomia dell’individuo maggiore dovrà essere la capacità di “attivare” le sue risorse latenti.

Il metodo adottato sarà sempre composto da un mosaico di attività modulate sulle esigenze dell’individuo che sono specifiche per ciascuno.

L’intervento tarato sull’individuo ovviamente carica i riabilitatori di una enorme responsabilità poiché sta a loro individuare le tecniche e le procedure di volta in volta più proficue.

E’ l’esperienza, soprattutto delle madri e dei genitori in generale  che, pur in mancanza di specifiche conoscenze, sono spesso stati in grado addirittura di “creare” metodiche riabilitative - solo successivamente concettualizzate dagli “esperti” – che suggerisce come unica scelta possibile questo “approccio aperto e multidisciplinare”.

E’ noto che, pur consapevoli della quasi infinita versatilità e ristrutturabilità delle connessioni cerebrali, non necessariamente si sa come attivarle (per esempio anche se in teoria si può imparare a parlare a qualsiasi età a tutt’oggi i cosiddetti “bambini lupo”, ossia quei bambini persi durante i monsoni e ritrovati miracolosamente vivi ma in condizioni animalesche, non sono mai stati recuperati ad una vita sociale e ad un grado di autonomia ed autocoscienza che si possa definire “umana”).

Bisogna essere perciò aperti a nuove prospettive, mettersi in gioco ogni volta, sperimentare nuove metodiche, non darsi mai per vinti ed essere ricettivi verso i progressi della ricerca scientifica.

Il rapido progresso nelle conoscenze fa si che si dovrebbe  ormai essere diffusamente consapevoli nel non ritenere ultimativa o dogmatica nessuna acquisizione, per lo stesso motivo si dovrebbe conservare un sano scetticismo di fronte alle “prognosi fatalistiche”.

A cura di Giovina Ruberti

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