Il tatto è il “primo” dei nostri sensi da tutti i punti di vista: biologicamente (è il primo ad essersi evoluto, è presente anche negli organismi monocellulari), cronologicamente (è il senso che si sviluppa prima, durante lo sviluppo embrionale, ed è l’ultimo a scomparire nell’invecchiamento, praticamente persiste fino al sopraggiungere della morte), allegoricamente (il tocco della madre rassicura il neonato e questa “sicurezza” che deriva dall’essere “toccati” persiste per tutta la vita). E’ così fondamentale che non si riesce ad immaginarsene privi.
A lungo ignorato, il tatto, è ora al centro di innumerevoli ricerche. Le neuroscienze vi si riferiscono con il termine gergale di “aptico” che deriva dal vocabolo greco per “tocco”. La divulgazione scientifica si è recentemente occupata di alcuni esperimenti riguardanti le “illusioni tattili” che inducono i soggetti a provare “sensazioni di lievitazione”, di “fluttuazione al di fuori del corpo”, di avere “un arto in più”. Tali esperimenti sono condotti sia per fini teorici (cercare di scoprire il funzionamento cerebrale) sia per scopi pratici (realizzare protesi robotiche interagenti in modo più efficace con persone disabili, ed anche creare “mondi virtuali” più realistici oltre che apparecchi “interfacciati” con l’uomo in modo “attivo”, appunto stimolandolo “tattilmente”).
Gli scienziati hanno dimostrato che il tatto è così sensibile che i polpastrelli possono sentire un’asperità di appena un micron, al contrario l’occhio umano può individuare solo oggetti superiori ai 100 micron.
Il tatto è un senso “attivo”: per conoscere tramite il tatto dobbiamo “manipolare” l’oggetto e/o esplorare le superfici, ciò fa del tatto un senso “a due vie”, o “di relazione”, infatti la manipolazione crea una “risposta”: se “stringiamo” un oggetto morbido lo deformiamo, se accarezziamo un gatto, fa le fusa, ecc.
Un’altra delle caratteristiche del tatto è la sua superficie di distribuzione. La vista, l’udito, il gusto, l’odorato hanno degli organi specializzati preposti alla funzione, che inviano, tramite vie specializzate, i segnali al cervello. I recettori del tatto sono distribuiti su tutta la pelle ed il tessuto muscolare e devono far convergere i loro segnali attraverso il midollo spinale. Ci sono numerosi classi distinte di recettori tattili: i meccanorecettori che rispondono alla pressione ed alle vibrazioni, i recettori termici che reagiscono alla temperatura, i recettori cinestesici che ci informano della posizione dei nostri arti e della nostra posizione nello spazio, i nocicettori o recettori del dolore.
I segnali dei vari recettori tattili convergono nel cervello e si diffondono nel cosiddetto “homunculus somatosensoriale” la rappresentazione “mentale” del corpo, che come qualsiasi mappa esagera delle dimensioni e ne contrae delle altre, secondo poi la regola generale “o lo usi o lo perdi”, il non stimolare tali recettori ne atrofizza la sensibilità e di conseguenza ne contrae le mappe di proiezione cerebrale.
La cultura occidentale, che ha scisso l’individuo in mente e corpo e “mortificato” quest’ultimo come servo della bestialità ed ancora oggi tende ad avere atteggiamenti contraddittori ed incoerenti sulla gestione dello stesso, guarda con sospetto la fisicità.
Basta risalire alle nostre nonne (o mamme, se si è un po’ più in là con l’età) per ritrovare il “divieto” di “smanacciare” il neonato. Non si era in grado di distinguere tra “stimolazione” ed “erotismo” e tutto ciò che si riferiva al toccare, al massaggiare, a manipolare veniva considerato peccaminoso, sconcio e dannoso. Basta ritornare ai primi anni sessanta per ritrovare il tabù puritano contro il cavallo a dondolo.
Ancora oggi, e non solo in ambienti integralisti, ciò che favorisce lo sviluppo del corpo, ne accresce le capacità reattive e migliora l’ armonia mente-corpo, è visto con sospetto e censurato. Tante “goffaggini” derivano proprio dalla carenza di stimolazione propriocettiva. La scarsa “manipolazione” del neonato ne rallenta la crescita e ne ritarda lo sviluppo. Al contrario “massaggiare” in modo appropriato il neonato, oltre che rafforzare il legame con la madre, migliora la circolazione, stimola la reattività, acutizza le capacità cinestesiche, ne accresce la sicurezza e ne favorisce lo sviluppo.
Considerata la plasticità del cervello “non è mai troppo tardi”, anche se “prima è, meglio è”; è quindi comunque positivo cercare di migliorare questa funzione, anche in età adulta.
In “Science magazine” del novembre scorso tre ricercatori dell’Università Vanderbilt hanno riportato i risultati di uno studio in cui si dimostra che le cellule cerebrali adulte possono emettere nuovi assoni, o rami, che attraversano distanze relativamente lunghe per contattare nuovi bersagli in zone cerebrali distanti; nel caso citato – la corteccia sensoriale che riceve informazioni dal tatto. Tali riconfigurazioni possono avvenire in caso di incidente, del crearsi quindi di “zone” di deprivazione sensoriale che vengono occupate dalle “proiezioni” di altri recettori (come già dimostrato nel caso degli “arti fantasma” da parte di Ramachandran).
Camminare a piedi scalzi, su diversi tipi di terreno, ricostruisce le mappe cerebrali atrofizzate della sensibilità plantare, così come un buon massaggio ai piedi (che ha anche riflessi sugli organi interni, vista la quantità di terminazioni nervose nel piede).
Imparare a leggere il Breil, a distinguere diversi tipi di materiali (tessuti, legni, petali, metalli, ecc.) ad occhi chiusi, potenzia la sensibilità tattile con una immediata ricaduta benefica sulla motilità fine.
Un “tatto” ben sviluppato ci aiuta a compensare disturbi dell’equilibrio derivanti da problemi vestibolari, ci rende aggraziati nei movimenti e misurati nella gestualità.
A cura di Giovina Ruberti
Bibliografia
· Vernon Mountcastle, Ken Johnson and Steve Hsiao. Mountcastle ““The Sensory Hand: Neural Mechanisms of Somatic Sensation” Hopkins University Press, 2008
· Vernon Mountcastle “Perceptual Neuroscience: The Cerebral Cortex “Harvard, 1998
· Vernon Mountcastle “The Sensory Hand: Neural Mechanisms of Somatic Sensation” Harvard, 2005
· V.Ramachandran, Blakeslee Sandra “La donna che morì dal ridere ed altre storie incredibili sui misteri della mente umana” Mondadori, 2003
· Ramachandran “Che cosa sappiamo della mente” Mondadori, 2004
Sitografia
· http://www.crossroadsinstitute.org/newsletter/may05.html
· http://www.dana.org/news/cerebrum/detail.aspx?id=2870
· http://www.dana.org/news/brainhealth/detail.aspx?id=10064