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Figli, divorzio e comunicazione genitoriale

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Da qualche tempo è entrata in vigore la legge 54/06 sull’affidamento condiviso.

La riforma sancisce il principio della bigenitorialità nei confronti dei figli minori, ossia della corresponsabilità di entrambi i genitori per quanto concerne la cura, l’educazione e l’istruzione della prole, anche dopo la separazione.

Sotto il profilo del suo significato culturale e sociale tale testo normativo è espressione di civiltà e reale interesse affinché il minore possa mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, con i nonni paterni e materni e con i parenti di ciascuno dei genitori stessi.

Sappiamo quanto tutti questi aspetti siano fondamentali per la serenità della vita di un bambino, in particolare dei figli di genitori divorziati.

Essi, infatti, sono i soggetti che corrono più rischi rispetto a problemi nelle relazioni sociali, problemi scolastici, emotivi nonché di salute fisica.

Ma in che modo i genitori possono aiutare i figli a metabolizzare, accettare e vivere il più serenamente possibile la loro separazione?

Risulta essere di estrema importanza, al momento della separazione dei coniugi, che i figli ricevano una parola congiunta, dal padre e dalla madre, destinata a spiegare loro che essi non hanno alcuna responsabilità nella separazione e che le scelte e le responsabilità della stessa riguardano esclusivamente gli adulti.

Inoltre deve essere loro chiaro che non perderanno né il papà né la mamma, in quanto il legame insostituibile con entrambi non si spezzerà mai.

Tutti i bambini sono profondamente turbati dalla separazione iniziale (pare che i maschi tendano ad essere più infelici delle femmine) e non ne traggono alcun sollievo, ad eccezione di quelli che subiscono violenza dai genitori (J. Dahan, E. De desarnauts, 2000).

Ogni età del bambino rappresenta caratteristiche di sviluppo e di problematiche di cui è necessario tener conto da parte dei genitori in situazione di normalità di rapporti, in caso di conflitto, rottura o separazione, tale principio deve essere ancora maggiormente rispettato e applicato.

Le conseguenze, nella vita psichica del bambino, di stati di crisi e di rottura, infatti, varia in funzione della sua fase di sviluppo, oltre che dell’ampiezza del conflitto e della sua espressione attraverso i genitori. A tal proposito,  viene sottolineata ancora una volta, l’importanza di  una comunicazione adeguata allo sviluppo del bambino, da parte dei  genitori, al fine di permettergli di capire che essi possono separarsi ma che lui non ha motivo di sentirsi in colpa o abbandonato.

Ciò è stato espresso fermamente da CarloVerda, mediatore familiare, nel suo articolo intitolato “Il divorzio e il rispetto dei bisogni dei figli”, in cui prende in rassegna, appunto, le varie fasi di sviluppo del bambino e ne evidenzia la risonanza, a livello emotivo e cognitivo, nella separazione. Egli, ponendo l’accento sulla estrema importanza di una comunicazione adeguata sulla stessa da parte dei genitori,  sottolinea come una separazione fatta pensando alle angosce presenti e future dei figli debba essere un primo atto di responsabilità verso i figli stessi che non escluda nessuno dei genitori. Vediamo di seguito come ciò può avvenire:

  -   il neonato è ipersensibile alla psiche e ai cambiamenti dei suoi genitori e incapace di sopportare incognite. Quando uno dei garanti della sua sicurezza, della sua coesione se ne và, ciò può trasformarsi in caos se nessuna parola che spieghi tali cambiamenti gli viene raccontata. La chiusura della madre verso il figlio può comportare una confusione di sentimenti e rischia di portare più tardi il bambino a mantenere un’angoscia sproporzionata con la situazione di separazione. In altri casi il bambino può esprimere la sua angoscia attraverso il corpo: rifiutandosi di dormire, di mangiare, piangendo in modo anormale o esprimendo situazioni somatiche più o meno importanti. Può anche mostrare segni di depressione, nell’ambito di una reale situazione di abbandono. Se non può vedere suo padre in modo regolare è necessario che la madre parli di lui al bambino, evocandolo e mettendo da parte i suoi risentimenti; in casi di rottura, è opportuno organizzare i ritmi del bambino molto dolcemente, ad esempio con orari di visita regolari e in luoghi identici da lui conosciuti;

 -    il bambino tra i 2 e i 3 anni vive lui stesso grandi trasformazioni rispetto alla capacità di camminare, al linguaggio, ecc. Vorrebbe controllare tutto ma non controlla niente. Non può comprendere una situazione di separazione tra le due persone che più ama e dunque esprime la sua angoscia per l’assenza attraverso il corpo: manifestazioni di collera molto forti, pianti inconsolabili, reazioni somatiche, ecc. a volte si può osservare un vero e proprio arresto dello sviluppo a livello motorio e del linguaggio. Si può anche manifestare una regressione allo stato di neonato per comunicare il disaccordo, l’angoscia e attirare l’attenzione dei genitori. Anche in questo caso la parola dell’adulto può dare senso al bambino su ciò che succede nel suo corpo, nelle sue reazioni violente e su ciò che succede nella sua vita di bambino coinvolto in una problematica di adulti;

 -    il bambino tra i 3 e i 6 anni , dinnanzi alla notizia che non avrà più con sé i due genitori insieme, sente che qualcosa di grave sta succedendo senza che possa rendersi conto del contenuto. Inizia a porsi delle domande rispetto alla sua vita quotidiana che possono riguardare una situazione (continuerò a fare questo?) o un oggetto o una persona fuori dalla famiglia (continuerò a vederla?). Ha difficoltà a fare il punto sui sentimenti contrastanti che lo assalgono, sentendosi impotente dinnanzi ad una situazione che non controlla; si sente responsabile di questa catastrofe, con un sentimento diffuso di aver agito male e di aver provocato l’irrimediabile separazione dei suoi genitori. Inoltre il bambino avverte un sentimento di perdita così profondo che cade in un vero e proprio lutto. Per ciò che riguarda il periodo complesso dell’Edipo, se il bambino è testimone auditivo o visuale del conflitto genitoriale, si troverà di fronte ad una problematica angosciante: nella sua fantasia il genitore rivale deve sparire e ora le dispute tra i genitori confermano le sue fantasie. Dunque è pervaso dal senso di colpa per aver avuto questo desiderio che può realizzarsi e troverà le sue difese nella fuga, nella distrazione, nel sonno, in un ripiego su di sé, nel mutismo. In questo contesto è fondamentale che i genitori dicano al figlio che le loro dispute non lo riguardano, possono anche scusarsi della violenza da lui percepita. Il bambino si sentirà così rassicurato sul fatto che non sono i suoi sentimenti ad aver messo in pericolo la famiglia. E’ importante inoltre rassicurare il bambino che non sarà mai abbandonato e la vita deve essere organizzata in modo tale che lui non perda né l’uno né l’altro dei genitori;

 -    il figlio tra i 7 e i 13 anni è in una fase di accrescimento del suo pensiero. Accoglie la notizia della separazione con più filosofia di quando era piccolo ma non per questo senza sofferenza. Ha acquisito un sistema di moralità che gli consente di giudicare ciò che è bene e ciò che è male e dunque, in un primo momento, sentirà il bisogno di prendere partito per l’uno o per l’altro dei genitori. Alcuni assumono un atteggiamento protettivo nei confronti di quello “abbandonato”, prendendosene cura per alleviarne la sofferenza. Essi non pongono mai domande imbarazzanti, non creano problemi né si lasciano andare al pianto, sono dei perfetti studenti a scuola. I genitori devono vigilare su questi bambini adulti prima dell’età, in quanto tutte le sofferenze represse possono esplodere successivamente attraverso malattie somatiche o compensazioni più gravi quali anoressia, depressione, turbe della personalità. Inoltre se il genitore “abbandonato” accentua la sua posizione di vittima, accusando l’assente di una colpa irreparabile, il figlio allora si vede confrontato con un problema di lealtà: chi può difendere? Chi può amare? Si chiederà come si può mantenere la propria fiducia in qualcuno che è partito e che per questo non lo ama sicuramente più. Si risponderà che è stato ignobile con la madre/ o con il padre e che l’ha fatta/o soffrire e che perciò non lo può più amare;

 -    infine, l’adolescente vive di paradossi: ha bisogno di allontanarsi, conquistare l’indipendenza e nello stesso momento ha bisogno di riconoscimento. Cerca l’appoggio e la disponibilità dei genitori pur rifiutandoli. I genitori dovranno assicurare, in questo delicato periodo, la loro specificità di padre e di madre. Le reazioni alla separazione possono essere varie. Mentre loro, gli adolescenti stanno per affrontare la vita amorosa, constatano che i  genitori possono porre fine ad un equilibrio familiare in nome della reciproca perdita di sentimenti. Alcuni così possono mettersi su un piano di parità con i genitori stessi dando il loro giudizio, prendendo parola ed esprimendo il loro dissenso, altri, che magari vivono un momento di fragilità contestualmente alla separazione, possono sentirsi completamente abbandonati. La partenza del padre, in questi casi, potrebbe essere vista come segno di disaffezione e disinteresse. E’ fondamentale, allora, che i genitori rispondano a questo in modo adeguato: da come la madre parlerà del padre assente essa riuscirà o meno ad aiutare il proprio figlio ad integrare l’autorità paterna la cui parola è all’origine dell’identità dei suoi figli nel divenire uomo e donna.

 A cura della dr.sa Tatiana Quarta

 

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