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Educazione e bambini dotati

Importanti ricerche (tra le quali quella condotta dagli psicologi Angela Duckworth e Martin Seligman dell’università della Pennsylvania su 164 studenti durante i test di ammissione alle superiori) hanno dimostrato che il successo dipende in misura quasi doppia dall’impegno rispetto ad altri parametri, mentre un elevato quoziente intellettivo non è un indicatore di riuscita.

I migliori predittivi del successo sono:

·        Il grado di autodisciplina (la capacità di sacrificare il piacere immediato ad una ricompensa a lungo termine)

·        La motivazione

·        La perseveranza

Vorrei anche sottolineare che l’”accuratezza neurologica” sta accreditando presso gli studiosi una concezione di “neurodiversità” ossia la convinzione che non esista una “norma” e che il cervello di ciascuno sia costruito in modo tale da risultare “adatto” ad una particolare “nicchia ecologica” (intesa in senso esistenziale – ossia ad una scelta di vita unica e soggettiva), è per questo che è fondamentale che l’educazione si adatti al singolo e non viceversa. Le neuroscienze hanno dimostrato che il processo di apprendimento implica un cambiamento fisico del cervello, il che significa che, indipendentemente dalli doti di partenza, studiando:

 

·        le connessioni dendritiche (ossia le ramificazioni che collegano i neuroni) aumentano di numero e si riorganizzano in base alla quantità ed alla qualità dell’apprendimento

·        si diventa più esperti

·        si sviluppa la capacità di connettere le conoscenze pregresse a quelle successive trasformando l’apprendimento stesso in un processo incrementale, ecc.

Per poter fornire a ciascun bambino l’opportunità di “realizzarsi al massimo delle proprie potenzialità” bisogna innanzitutto scoprire quali queste siano, ciò che si ottiene con l’osservazione e con un atteggiamento disponibile e quanto più empatico possibile.

Al di là delle differenze individuali i bambini vengono grossolanamente raggruppati in un:

·        circa il 5%  di “superdotati”

·        circa 15%  di “problematici” (diversamente abili, ecc.)

·        circa 80%  di “normodotati”

Nei confronti di qualsiasi bambino, il dovere dei genitori, dei medici, degli educatori è innanzitutto scoprirne le caratteristiche ed individuarne i bisogni per consentirgli uno sviluppo armonioso.

I bambini “superdotati” si annoiano e si deprimono facilmente con la tendenza a trasformare in atteggiamenti oppositivi e comportamenti aggressivi la loro frustrazione, rischiando di essere addirittura “diagnosticati” come “ritardati”.

Per evitare ciò vanno adeguatamente stimolati.

Le indicazioni più recenti della neuropsicopedagogia sono quelle di:

·        coinvolgerli in attività extrascolastiche, seguite da tutor individuali,

·        affiancare tali attività alla socializzazione con i coetanei.

Un’intelligenza precoce non significa una, altrettanto accelerata, maturazione emotivo-caratteriale  e tanto meno biologica.

Inserire tali bambini in ambienti intellettualmente stimolanti ma inadeguati, perché frequentati da adulti o isolarli, comporta più danni che benefici e, con preoccupante frequenza, sfocia in:

·        comportamenti autolesionistici,

·        propensione all’abuso di sostanze

·        tendenza alla depressione

che conducono, oltre che a deludere le aspettative, ad una sostanziale infelicità che, in casi estremi, può portare al suicidio.

Mettiamola così: se hai una Ferrari e non sai guidare puoi finire molto peggio che se hai una Panda e sei un asso del volante.

Tali bambini, continuamente lodati per come sono intelligenti e -trovandosi nelle condizioni di riuscire, effettivamente con poco sforzo ed ancora meno impegno, nelle attività semplici che vengono proposte ai bambini piccoli - sono sempre sotto pressione perché sanno che tutto ciò che fanno è dato per scontato, non possono che rischiare di deludere aspettative che sono “predestinati a soddisfare”. Si percepiscono come “prescelti” piuttosto che come agenti dei loro successi, questo fa sì che non sviluppino la motivazione, le capacità di studio e di autocontrollo, la perseveranza dopo la sconfitta.

Tali risultati sono estendibili a tutta la popolazione:

·        ritenere fattori determinanti della riuscita e del successo le caratteristiche individuali porta ad un atteggiamento passivo, ad una mancanza di autostima, ad una tendenza alla demotivazione, ad un non volersi mettersi in gioco, ad un sottrarsi alla sfida, ad una sorta di “sono fatto così, che ci posso fare, non dipende da me” (né merito, né demerito), e fin quando tutto va bene, ok – ma, quando le cose cominciano a non andare lisce ecco che ci si trova totalmente impreparati, spiazzati e ci si demoralizza

·        al contrario accentuare il valore dell’impegno, dello sforzo continuativo, della perseveranza, del coraggio di non arrendersi di fronte alle difficoltà, della propensione ad imparare dagli errori, piuttosto che considerarli delle “sconfitte”, ci investe della responsabilità delle nostre scelte, e delle nostre azioni, sottolinea il peso dell’autodeterminazione: dipende da noi.

All’inizio del 2007 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca, condotta dalla psicologa Lisa Blackwell dell’Università Columbia e dal dr.Kali H. Trzesniewski dell’Università di Stanford per determinare quanto le idee influissero sul tipo di atteggiamento assunto, sull’impegno e sui conseguenti risultati.

La ricerca condotta su 373 studenti, seguiti per due anni, durante la transizione dalle scuole medie alle superiori, con il conseguente passaggio ad uno studio più impegnativo ed ad un valore più cogente delle votazioni, ha dimostrato che:

·        gli studenti che ritenevano l’intelligenza un dato modificabile

o       avevano come scopo principale l’apprendimento,

o       si sforzavano ed impegnavano molto nello studio (convinti che più ti impegni e più ottieni)

o       in caso di insuccesso, sperimentavano strategie diverse;

·        quelli che la ritenevano una “dote innata ed immutabile,

o       erano più interessati ad ottenere “buoni voti”,

o       in caso di non-riuscita, sviluppavano l’atteggiamento depresso e passivo (che gli psicologi definiscono di “impotenza acquisita”)

o       si arrendevano facilmente,

o       cercavano di evitare la sfida

o       ricorrevano, con meno remore, a mezzi disonesti (copiare, barare agli esami, ecc.).

Anche per i bambini “normodotati” assecondare le loro caratteristiche non fa che favorire uno sviluppo armonioso.

Nei bambini che manifestano qualche deficit l’adozione precoce di terapie riduce i tempi e migliora i risultati.

Per esempio un’educazione di tipo “fonologico” in un bambino di 5 anni che manifesta i segni precoci della dislessia può risolvere il problema in un tempo che va dai sei ai 18 mesi, un solo anno di ritardo nell’iniziare la terapia raddoppia i tempi di recupero.

Educare è considerata un’arte perché oltre alla conoscenza delle teorie ed all’applicazione delle tecniche consiste nella capacità empatica atta a indurre quelle modifiche positive che favoriscono uno sviluppo olisticamente equilibrato (fisico-intellettuale-emotivo-relazionale, ecc.)

A cura di Giovina Ruberti

Libri

Diamond, M. & Hobson, J. (1998). Magic Trees of the Mind. New York: Penguin Putnam

Geoffrey Caine e Renate Nummela Caine 2 Brain/Mind Learning Principles in Action, The Fieldbook to Making Connections, Teaching and the Human Brain” (1990)

Geoffrey Caine e Renate Nummela Caine Making Connections, Teaching and the Human Brain” ASCD (1991)// Corwin Press (2005)

John O'Keefe and Lynn Nadel “The Hippocampus as a Cognitive Map” (1978)

Caine, R. N., & Caine, G. (1990). "Understanding a Brain Based Approach to Learning and Teaching." Educational Leadership, 48(2), 66-70.

Caine, R., & Caine, G. (1994). Making Connections: Teaching and the Human Brain. Menlo Park, CA: Addison-Wesley.

Lozanov, G. (1978). Suggestology and Outlines of Suggestopedy. New York: Gordon and Breach.

Christian Fischer Coaching the Gifted Child

by Carol S. Dweck “The Secret to Raising Smart Kids” in Scientific American Mind, December 2007/January 2008

Marie-Noëlle Ganry-Tardy Watching Prodigies for the Dark Side” in Scientific American Mind, April 2005

Siti

http://www.sciam.com/article.cfm?id=high-aptitude-minds

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